Intervista a Kazuto Tatsuta, autore di 1F: DIARIO DI FUKUSHIMA
L'11 marzo 2016 saranno passati cinque anni dal disastro della centrale di nucleare giapponese di Fukushima Daiichi, gestita dalla Tokyo Electric Power, a seguito del terremoto e conseguente tsunami che ha flagellato la regione del Tohoku. Notevoli sono stati i risultati positivi ottenuti nella ricostruzione; tuttavia, per la completa decontaminazione dell’area sarà necessario altro tempo, e l’attuale primo ministro Shinzo Abe ha permesso la riattivazione nella nazione di 5 reattori, dopo che erano stati tutti spenti a causa della tragedia del 2011.
Edizioni Star Comics ha deciso di pubblicare un'opera a fumetti apparsa subito come di grande valore artistico e sociale, inerente i fatti di cui sopra. Il 16 marzo esce infatti il primo numero di 1F: DIARIO DI FUKUSHIMA, miniserie completa in tre volumi di Kazuto Tatsuta, pseudonimo dietro cui si cela un mangaka cinquantunenne, che narra l’esperienza dell’autore come operaio impegnato nella decontaminazione e messa insicurezza della centrale nucleare.
In quest’articolo riportiamo la versione integrale dell’intervista di Oscar Cosulich a Tatsuta apparsa in forma ridotta in Reportage a fumetti: sei mesi dentro il reattore, all’interno dell’articolo Ritorno a Fukushima di Nanako Yamamori, pubblicata sul n. 10 del settimanale L’Espresso – uscito in data odierna. Sono state inoltre raccolte alcune domande poste da altri media europei a Tatsuta, utili a comprendere meglio la vicenda umana e artistica dell’autore.
Tratto dalla reale vicenda della catastrofe ambientale giapponese del 2011, il manga 1F: DIARIO DI FUKUSHIMA di Kazuto Tatsuta sarà disponibile in Italia dal 16 Marzo nella collana MUST.
Cosa l’ha spinta ad andare a lavorare alla centrale nucleare di Fukushima dopo lo tsunami?
Sono entrato a lavorare alla centrale di Fukushima Daiichi in seguito a una semplice ricerca di lavoro presso i posti terremotati (come Miyagi, Iwate, Ibaraki e Chiba). Non c’è nulla in particolare che mi abbia spinto a cercare impiego proprio lì.
Dopo aver raccolto notizie e informazioni approfondite riguardo alla centrale ho pensato che non ci fossero particolari ragioni per avvertire questo lavoro come rischioso, per questo non ho escluso Fukushima dalla mia ricerca.
Inizialmente, dunque, non avevo l’intenzione di realizzare un manga. Tuttavia sono un fumettista e avevo il presentimento che in qualche modo questa esperienza sarebbe stata d’ispirazione per disegnare una nuova storia, nel caso avessi vissuto delle vicende interessanti.
Tra tutti i posti colpiti dal terremoto, la centrale di Fukushima Daiichi era quello che maggiormente mi interessava, e quando mi è capitata l’opportunità di andarci a lavorare ho pensato che ne valesse davvero la pena.
Il suo manga potrebbe essere considerato come un esempio di giornalismo grafico: un reportage che il disegno rende infinitamente più efficace di qualunque narrazione letteraria. È d’accordo?
Sì, il mio manga può essere inteso come un reportage ma, dal mio punto di vista di autore, lo considero come una registrazione di eventi molto personale o, per meglio dire, il mio diario. In ogni caso, credo che in fin dei conti il mio lavoro venga più che altro visto come un reportage.
Non posso giudicare quale mezzo di narrazione sia più convincente tra quello grafico e quello scritto, perché entrambi hanno capacità espressive molto forti. Tuttavia, quando ho realizzato questo manga, mi sono reso perfettamente conto di quanto potente sia il disegno per spiegare meglio certi particolari ai lettori, come la pianta della collocazione della centrale e i dettagli dell’impianto.
Non mi viene in mente un autore che abbia ispirato lo stile del mio manga, sono stato guidato da un’esperienza reale nel processo di creazione. È comunque possibile che io sia stato influenzato inconsciamente da qualche autore o da opere precedenti.
Se dovessi nominare un autore da cui sento di aver subito delle influenze per la realizzazione dell’opera, mi viene in mente il fumettista e pittore Hiroshi Hirata. È un grande autore di fumetti d’epoca (della spada). Non so se le sue opere siano attualmente pubblicate in occidente, ma di sicuro potrebbero avere un grande successo.
In Europa c’è un forte movimento di opposizione all’uso dell’energia nucleare. Lei, che ha visto da vicino quali possono essere i rischi del suo utilizzo quando qualcosa va male, cosa pensa al riguardo?
Rispetto allo smantellamento della centrale di Fukushima Daiichi, non mi sento di prendere una posizione netta, favorevole o contraria che sia. Penso che tutti debbano riflettere attentamente sull’argomento, ma non vorrei esprimere un’opinione che influenzi positivamente o negativamente la gente. Perciò non ho nulla da dichiarare circa il futuro dell’energia nucleare. A volte ho l'impressione che ci sia un eccessivo entusiasmo contro il nucleare e che troppo spesso vengano ingigantiti i reali danneggiamenti subiti dalla centrale, insinuando possibili rischi che in realtà non hanno ragione d’essere. Spero solo che non ci si approfitti di questo disastro per strumentalizzare l’opinione pubblica.
Si sente più un cartoonist o un reporter? Quali sono, se ne ha, i suoi modelli artistici e narrativi?
Non ho mai pensato di fare il reporter. Io sono solo un fumettista. Anzi, posso dire che sono un operaio. Ritengo che la definizione più corretta per inquadrarmi sia quella di operaio che sa disegnare fumetti. Ammiro molti fumettisti e pittori, ma non ho un modello particolare a cui mi ispiro.
È vero che lei, a differenza di molti suoi colleghi cartoonist, lavora da solo sulla storia e sul disegno, senza avere alcun assistente?
Sì, faccio tutto da solo. I miei colleghi spesso ricorrono ad assistenti, ma questo lavoro in particolare era qualcosa di molto personale, e avendo abbastanza tempo per realizzarlo ho deciso di non coinvolgere nessuno oltre me stesso.
Di seguito, alcune domande da parte di altri giornalisti europei:
Non è preoccupato per la sua salute dal momento che ha lavorato come operaio in una centrale nucleare? Può dichiarare il livello di radioattività a cui è stato esposto nella centrale?
Non ho alcun timore di ipotetici danni alla mia salute causati dall’esposizione alla radioattività. Durante il lavoro in centrale, il mio valore totale di esposizione è stato di circa 30 mSv. Supposto che torni a lavorarci in futuro, credo che non ci sia nulla di cui preoccuparmi finché rispetterò il livello di tolleranza. Se io e gli altri lavoratori avessimo avuto qualche problema di salute, sarebbero già stati segnalati numerosi casi di evidenti criticità. In realtà non ci sono notizie precise relative alla questione. In caso di effettivi problemi di salute degli operai, i responsabili della centrale avrebbero dovuto informare la gente attraverso dati basati su misurazioni scientifiche. Diversamente, si sarebbe provocato solo l’instaurarsi di un pregiudizio relativo a questo lavoro. È importante dare le giuste informazioni per non creare il panico.
Perché svolge la sua attività senza mai mostrare il suo volto?
Temo che, rivelando la mia identità, mi troverei in una condizione sfavorevole per poter tornare a lavorare in centrale.
Dopo la pubblicazione di 1F: Diario di Fukushima è tornato a lavorare alla centrale? Oppure ha deciso di trovare un altro impiego?
Non sono ancora tornato a lavorare in centrale da quando è terminata la pubblicazione. Ho già comunicato ad alcuni subappaltatori la mia disponibilità nel caso si aprano delle posizioni e ho intenzione di ripresentarmi se capita l’occasione.
In quale periodo ha lavorato alla 1F? Per quanto tempo ci è rimasto e quali mansioni ha svolto esattamente?
Da giugno a settembre del 2012 mi sono occupato della gestione della sala di ricreazione. In quel periodo il mio livello di radiazione si attestava sui 3 mSv circa. Dall'ottobre al dicembre dello stesso anno ho lavorato alla collocazione delle scorie radioattive delle Unità 2 e 3, alla restaurazione delle tubature di raffreddamento e dell’impianto di circolazione della piscina per il combustibile nucleare esaurito. Il mio livello di radiazioni era di circa 16 mSv. Nel luglio 2014 ero impiegato presso il reattore nucleare dell’Unità 1, dove il lavoro veniva svolto tramite dei robot e il mio livello di radiazioni era di circa 2 mSv. Da ottobre a novembre 2014, ho lavorato presso il reattore dell'Unità 3 per l’asportazione delle macerie tramite l’utilizzo di robot e le mie radiazioni erano di circa 9 mSv.
Come si è sentito quando si è recato per la prima volta sul luogo e ha visto con i suoi occhi i danni provocati dallo tsunami?
Riguardo ai danni provocati dallo tsunami, l’unica parola che mi viene in mente è “terribile”, pur sapendo che si tratta di un termine assolutamente riduttivo. La prima volta che ho visitato i posti colpiti dalla tragedia, a oltre un anno del terremoto, quasi tutte le macerie delle case e di altri edifici, di cui restava intatto solo il basamento, erano state portate via. Dopo aver visto le condizioni del quartiere residenziale e le poche abitazioni in rovina che si trovano ancora lì, sono stato sopraffatto dalla grandezza della forza della natura. Ho avuto l'impressione che i mass media giapponesi e l’opinione pubblica fossero molto interessati all’incidente della centrale nucleare mentre i danni ai civili causati dal terremoto e dal maremoto venivano lasciati in secondo piano. Così ho iniziato a convincermi sempre più che si confondesse l’essenza di questo grande disastro. Nonostante non abbia alcuna intenzione di sminuire l’incidente avvenuto alla centrale, pensando alle vittime e al disastro in generale, credo ancora oggi che ci sia una grande differenza fra coloro che sono stati colpiti dal maremoto e gli altri.
Vicino ai reattori della 1F la vegetazione sta nuovamente iniziando a crescere: può raccontarci quali sono le condizioni dell’area disabitata in cui attualmente vige ancora il divieto di accesso per i civili?
Il fatto che la natura si stia riappropriando delle aree abbandonate è soltanto un’impressione che il giornalismo stereotipato ha contribuito a creare. Anche nell’area vicina dalla 1F, gli abitanti hanno l’occasione di tornare nelle loro case temporaneamente e diverse zone sono già state decontaminate. In realtà ci sono posti in cui la vegetazione è tornata a crescere spontaneamente a causa della mancanza di cura da parte dell’uomo e ci sono animali selvatici il cui numero è aumentato per via della modificazione dell’ecosistema. Comunque, anche se nessuno vive lì, non lo definirei un luogo disabitato. Ci sono molte persone che lavorano nell’area e che stanno facendo in modo che la zona torni a essere vivibile. Non voglio che si diffonda un’immagine sbagliata dell'ambiente intorno alla centrale, facendolo apparire come un luogo completamente abbandonato e inselvatichito.
Lei racconta la vita quotidiana di un posto molto lontano dall'immaginazione della gente comune. Ha avuto modo di registrare l’angoscia provocata dai rischi della radioattività durante il lavoro con gli altri operai?
Ognuno ha una sua idea relativa ai rischi che comporta l’esposizione alla radioattività. Ci sono grandi differenze fra gli operai. Ciascuno decide di andare a lavorare alla centrale con la consapevolezza dei suoi bisogni e mantenendo il proprio punto di vista.
In alcune parti della sua opera lei racconta le relazioni complicate che alcune persone hanno con la 1F. Ad esempio, un suo collega ha dovuto lavorare in centrale per necessità anche se ha perso la casa a causa della centrale stessa. Cosa pensano queste persone dell’energia nucleare? Secondo lei hanno un punto di vista diverso rispetto agli altri giapponesi?
Ogni operaio ha la propria opinione e delle idee maturate in diverse circostanze. Alcuni sono stati vittime dello tsunami e lavorano con un profondo risentimento nei confronti dell’energia nucleare. Altri sono convinti che questa forma di energia sia assolutamente necessaria. Credo che non sia tanto facile capire questo sentimento, soprattutto per chi abita in zone in cui non sono presenti centrali nucleari. Ci tengo molto a precisare che molti operai lavorano a Fukushima con grande orgoglio verso l’operato che svolgono.
L’esperienza del lavoro a Fukushima ha influenzato la sua vita in qualche modo?
Ho trovato degli amici e conosciuto molta gente, così ho cominciato a provare affetto per la zona di Fukushima. Ci vado spesso per svago anche ora che non ci lavoro più. Forse un giorno potrei anche decidere di trasferirmi a vivere lì.
MUST 63
1F: DIARIO DI FUKUSHIMA N. 1
Kazuto Tatsuta
14,5x21, B, b/n, pp. 192, con sovraccoperta, € 7,00
Data di uscita 16/03/2016, in fumetteria, libreria e Amazon
Isbn 9788869208881
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